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Comunicazione pubblica e diritto all’informazione

  • Andrea Sturaro
  • 1 ott 2019
  • Tempo di lettura: 5 min

La storia della comunicazione pubblica e le riforme nella pubblica amministrazione hanno avuto uno sviluppo parallelo (Iorio, 2018). La comunicazione pubblica in Italia affonda le sue radici nel 1600 con lo Stato Pontificio, che utilizza per la prima volta la stampa con scopi prevalentemente giuridici e propagandistici. La Santa Sede giunse ad acquistare una stamperia nel 1626, veicolando le informazioni nelle Gazzette[1] e ottenendo l’esclusiva degli strumenti di diffusione di informazioni (Granchi, 2006). Nel corso degli anni, il termine Gazzetta passò ad indicare giornali periodici aventi funzione di pubblica informazione. Tra questi, nel 1854 inizia le pubblicazioni la Gazzetta Ufficiale, che nel 1861 diventerà Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia. Tuttavia, lo strumento principale di comunicazione del potere pubblico rimane l’affissione che, nel 1865, viene controllata dall’Albo pretorio. Verso gli anni ’80 del diciannovesimo secolo, la Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia cessa di comunicare notizie di cronaca, cultura o politica, e diventa un organo di pubblicità della normativa. Pochi anni dopo, furono istituiti l’Ufficio Stampa del Ministero dell’Interno e l’Ufficio di Segreteria del Presidente, con i compiti di informare e controllare la diffusione di notizie.

Una svolta significativa si ha in pieno fascismo, con il Decreto Ministeriale n° 2222 del 9 agosto 1923 che trasferiva l’ufficio Stampa dal Ministero dell’Interno direttamente in seno al Consiglio e ne ampliava i poteri. In questo modo, il regime poteva controllare interamente la comunicazione pubblica. In seguito, con il Congresso Internazionale della Pubblicità, tenutosi a Roma e a Milano dal 17 al 21 settembre 1933, si cominciò a discutere circa le problematiche della comunicazione pubblica. Da quel momento inizia l’incessante propaganda fascista, la quale radicalizza i controlli, centralizza il potere, fino a reprimere totalmente la libertà di espressione.

Nel settembre del 1934, l’ufficio stampa del governo fu elevato a sottosegretariato e fu posto alle dipendenze del capo del governo. In questo periodo la comunicazione era unidirezionale di carattere prevalentemente propagandistico, con lo scopo di rafforzare l’adesione al regime. L’epoca fascista ha consolidato un’idea stereotipata di comunicazione pubblica, intesa come mezzo a disposizione delle autorità con lo scopo di informare per persuadere.

Successivamente il governo Parri, nel 1945, soppresse la struttura e trasferì funzioni e competenze dal Sottosegretariato alla Presidenza del Consiglio. La soppressione del Sottosegretariato alla Stampa, lo Spettacolo e il Turismo aveva come obbiettivo quello di evitare la riproduzione di strumenti riconducibili all’esperienza fascista che limitassero la libertà e mirassero a controllare l’opinione pubblica.

Negli anni ’50 la riforma degli apparati burocratici avviata da Alcide De Gasperi diede uno slancio alla comunicazione istituzionale, che andò perfezionandosi nei decenni successivi. Nel 1990, con la legge 142, si introduce, per la prima volta, una disciplina sulla trasparenza amministrativa per la regolamentazione dell’attività delle istituzioni. Più precisamente, essa detta i principi dell’ordinamento dei comuni e delle province, determinandone le funzioni. La Legge 142 del 1990, dichiara:

4. Il regolamento assicura ai cittadini, singoli e associati, il diritto di accesso agli atti amministrativi e disciplina il rilascio di copie di atti previo pagamento dei soli costi; individua, con norme di organizzazione degli uffici e dei servizi, i responsabili dei procedimenti; detta le norme necessarie per assicurare ai cittadini l'informazione sullo stato degli atti e delle procedure e sull'ordine di esame di domande, progetti e provvedimenti che comunque li riguardino; assicura il diritto dei cittadini di accedere, in generale, alle informazioni di cui è in possesso l'amministrazione.

5. Al fine di rendere effettiva la partecipazione dei cittadini all'attività dell'amministrazione, gli enti locali assicurano l'accesso alle strutture ed ai servizi agli enti, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni.

Mentre con la Legge del 241 del 1990 si affronta il tema della partecipazione e della trasparenza:

L'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza.

In seguito la Legge 29 del 1993 sulla "cittadinanza amministrativa" stabilisce i rapporti fra cittadini ed amministrazione. Il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, all’art.12 (ora art.11 d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165), istituisce gli URP al fine di garantire la trasparenza amministrativa e la qualità dei servizi, e di fornire uno strumento organizzativo adeguato alle esigenze di attuazione delle funzioni di comunicazione istituzionale e contatto con i cittadini.

Infine con la legge del 7 giugno 2000, n° 150, vengono disciplinate le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni.

Art. 1, 1. Le disposizioni della presente legge, in attuazione dei princìpi che regolano la trasparenza e l’efficacia dell’azione amministrativa, disciplinano le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni. 4. Nel rispetto delle norme vigenti in tema di segreto di Stato, di segreto d’ufficio, di tutela della riservatezza dei dati personali e in conformità ai comportamenti richiesti dalle carte deontologiche, sono considerate attività di informazione e di comunicazione istituzionale quelle poste in essere in Italia o all’estero dai soggetti di cui al comma 2 e volte a conseguire:

a) l’informazione ai mezzi di comunicazione di massa, attraverso stampa, audiovisivi e strumenti telematici;

b) la comunicazione esterna rivolta ai cittadini, alle collettività e ad altri enti attraverso ogni modalità tecnica ed organizzativa;

c) la comunicazione interna realizzata nell’ambito di ciascun ente.

5. Le attività di informazione e di comunicazione sono, in particolare, finalizzate a:

a) illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni normative, al fine di facilitarne l’applicazione;

b) illustrare le attività delle istituzioni e il loro funzionamento;

c) favorire l’accesso ai servizi pubblici, promuovendone la conoscenza;

d) promuovere conoscenze allargate e approfondite su temi di rilevante interesse pubblico e sociale;

e) favorire processi interni di semplificazione delle procedure e di modernizzazione degli apparati nonchè la conoscenza dell’avvio e del percorso dei procedimenti amministrativi;

f) promuovere l’immagine delle amministrazioni, nonchè quella dell’Italia, in Europa e nel mondo, conferendo conoscenza e visibilità ad eventi d’importanza locale, regionale, nazionale ed internazionale.

6. Le attività di informazione e di comunicazione istituzionale di cui alla presente legge non sono soggette ai limiti imposti in materia di pubblicità, sponsorizzazioni e offerte al pubblico.

Art 2, 2. Le attività di informazione e di comunicazione sono attuate con ogni mezzo di trasmissione idoneo ad assicurare la necessaria diffusione di messaggi, anche attraverso la strumentazione grafico-editoriale, le strutture informatiche, le funzioni di sportello, le reti civiche, le iniziative di comunicazione integrata e i sistemi telematici multimediali.

La comunicazione qui va intesa in maniera nuova: non è di tipo propagandistico come nel periodo fascista, ma relazionale. Grazie all’istituzione degli URP e alle leggi sulla comunicazione istituzionale, la comunicazione diventa un processo circolare di ascolto e scambio di informazioni, migliorando il rapporto tra enti e cittadini. In questo modo ai cittadini viene garantito il “diritto di informazione”, e gli enti, comunicando liberamente, possono legittimare la propria attività.

[1] Manoscritti di piccolo formato, utilizzati per veicolare notizie ufficiali. Prendono il nome dalla “gaxeta”, moneta veneziana coniata nel 16° secolo (Treccani)

 
 
 

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