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La Cyberwar

  • Andrea Sturaro
  • 4 ott 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

L’insieme dei mutamenti che nell’ultimo decennio hanno coinvolto la politica internazionale e la tecnologia ci hanno portato a dover coniare un nuovo termine in grado di integrare il concetto di guerra tradizionale e il mondo informatico: la cyberwar.

Il fenomeno storico di “guerra” assume forme molto diverse rispetto alle testimonianze storiche del passato al punto che oggi nelle aree di tensione si parla di conflitti armati anziché di guerra in senso tradizionale.

Secondo una riflessione del Colonnello Libertini “la concezione stessa della guerra risulta mutata nel senso che oggi può essere immaginata con la partecipazione diretta degli stessi civili a causa della new technology” (Libertini, 2004, pag 1). Da questa affermazione si evince che la guerra è sempre meno un fenomeno che coinvolge solo le Forze Armate, ma diventa un evento in cui l’opinione pubblica e l’informazione giocano un ruolo attivo per l’esito del conflitto.

Posto che oggi il ruolo delle Forze Armate è cambiato rispetto al passato, possiamo ritenere che esse siano uno strumento necessario a sostenere, in ambito internazionale, un’immagine positiva e collaborativa del nostro Paese, oltre a garantire la sovranità e l’indipendenza dello Stato. Inoltre - sostiene Libertini - poiché l’opinione pubblica è favorevole solo ad operazioni di peacekeeping e non accetta più la perdita di vite umane, si è affermata la necessità di combattere guerre a “morti zero”, per cui nei Paesi a più elevato tasso di sviluppo economico, tecnologico e sociale, il conflitto viene concepito come finalizzato al dominio della conoscenza in quanto questa consente di ottenere risultati di supremazia e di annientamento non inferiori a quelli ottenibili a conclusione di un conflitto armato di tipo tradizionale con il vantaggio di non richiedere il sacrificio di vite umane, peraltro senza che l’opinione pubblica si renda conto dell’attualità di una guerra di questo tipo (Libertini, 2004, pag. 2).

Questa nuova concezione di guerra è in grado di invadere, dominare, distruggere senza vincoli di tipo etico e senza la che la parte aggredita possa riconoscere l’aggressione. Trattandosi quindi di un attacco indiretto, lo Stato che lo subisce non può esercitare il diritto di legittima difesa, o perlomeno non può reagire in modo diretto.

In questo contesto l’innovazione digitale e la semplicità con cui si possono condividere le informazioni assumono un’importanza rilevante, non tanto per la qualità o per la quantità di informazioni condivise, quanto per la libertà di espressione. Nel ciberspazio[1] ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione; tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare le informazioni senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche (Saetta, 2018). Ciò comporta ad una estrema permeabilità delle informazioni del “sistema paese” che, in un contesto di guerra informatica e in particolare di guerra per il dominio delle informazioni, penalizza la nostra posizione.

Parlare di dominio della conoscenza – continua Libertini – significa utilizzare una formula che incarna il risultato di un complesso di attività informative di penetrazione, ma anche di difesa dagli attacchi altrui, che costituiscono ciò che con la terminologia anglosassone viene definito intelligence (Libertini, 2004, pag. 3)

In altre parole, l’intelligence è diventata lo strumento chiave per poter combattere la guerra “moderna”; si tratta di un complesso di attività informative che si basano sulla raccolta ed elaborazione di informazioni volte al sostegno della decisione politico-strategica di uno Stato. Dall’altro lato possiamo definire con il termine counterintelligence le attività di contrasto ai tentativi di penetrazione alle informazioni segrete dello Stato o alle manovre di influenza del processo decisionale.

Tornando al tema dell’innovazione digitale, i mezzi di comunicazione di massa hanno permesso una diffusione capillare e immediata di informazioni, giocando un ruolo chiave per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Pensiamo ad esempio alla possibilità di filmare con uno smartphone le atrocità di alcune operazioni militari, la brutalità di alcuni scontri, la sofferenza e la morte, senza che il sistema Difesa possa esercitare alcun controllo su di essa.

Vediamo come in questo meccanismo l’opinione pubblica, grazie agli attuali meccanismi di diffusione di informazioni, può influenzare direttamente le scelte di Governo e Parlamento.

In questo contesto le Forze Armate sono intese non solo come strumenti funzionali alla difesa, ma anche e soprattutto come strumenti volti a garantire la stabilità dello Stato nei confronti dei propri cittadini e della Comunità Internazionale. La Difesa, quindi, ha il compito di influire sulla percezione della minaccia dei cittadini italiani, sia con operazioni militari (peacekeeping o Strade Sicure), sia comunicando la loro presenza, professionalità, e capacità di intervento, in ogni contesto, anche nell’ambito della sicurezza informatica. Al giorno d’oggi, la disponibilità di tecnologie avanzate è quindi un parametro di riferimento per definire le capacità operative delle Forze Armate; tanto più è l’asimmetria con il paese avversario tanto più il paese tecnologicamente avanzato avrà le potenzialità di dominio.

[1] Spazio virtuale creato dal collegamento di una grande quantità di computer (Corriere, n.d.)

 
 
 

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