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Esperimento StratCom NATO

  • Andrea Sturaro
  • 4 ott 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Un eseprimento promosso dallo Strategic Communications Center of Excellence della NATO (StratCom) rivela che i dati pubblicati online, in particolare nei social network, posso essere usati per influenzare i membri delle Forze Armate (Bay, et al., 2019).

La domanda che si sono posti è relativa alle potenzialità di Facebook come rilevatore di dati riservati di una persona. La conoscenza di alcune informazioni sensibili e private si possono usare per manipolare la sua opinione e le sue azioni? In quale misura? Queste domande sono particolarmente interessanti se riguardano operatori professionisti delle Forze Armate che, più di qualsiasi altra persona, dovrebbero essere preparati a gestire manipolazioni psicologiche a vario livello. L’esperimento condotto da un gruppo di ricercatori StratCom risponde a queste domande in modo chiaro.

L’intera ricerca è stata descritta, a febbraio 2019, da Tom’s Hardware per il Fotto Quotidiano. Sono state create delle pagine Facebook fasulle ma che imitavano perfettamente le pagine reali che i militari utilizzavano per connettersi. Si sono così creati falsi account che sembravano appartenere a soldati in servizio, ipotetici colleghi delle “cavie” esaminate. In tutto questo, i militari coinvolti nell’esperimento non erano al corrente dei fake account ma, al contrario, veniva fatto credere loro fossero account di altri soldati professionisti. Si sono utilzzate le pubblicità mirate su Facebook per promuovere i gruppi chiusi creati dai ricercatori, al fine di attirare il maggior numero possibile di militari. Gli operatori all’interno dei gruppi, servendosi degli account falsi, hanno operato per farsi svelare dai militari dettagli riservati sui loro battaglioni e sul loro lavoro. I ricercatori hanno inoltre sfruttato la funzione “persone che potresti conoscere” di Facebook, per raggiungere più facilmente i loro obbiettivi.

Utilizzando le informazioni raccolte sui militari, i ricercatori hanno individuato gli altri account che possedevano su altri social, come Instagram e Twitter, ottenendo ancora più informazioni personali che li riguardavano, eventi a cui partecipavano, i “mi piace” ecc. Nora Biteniece, ingegnere software che ha partecipato al progetto, ha spiegato che in quel modo sono riusciti a raccogliere una mole consistente di dati sulle singole persone, incluse informazioni sensibili su moglie e figli nonché le passioni e le preferenze su determinati argomenti.

L’esperimento, che ha coinvolto 150 soldati, ha avuto risultati sconcertanti: non solo i nostri operatori sono riusciti a farsi rivelare le mansioni dei soldati all’interno dei loro battaglioni ma sono riusciti anche a portarli al punto di renderli responsabili di azioni di insubordinazione, come l’abbandono della propria postazione. Dato ancora più sconcertante è che l’intera operazione ha avuto un costo totale di sessanta dollari; una spesa “a portata di tutti” per una ipotetica manipolazione online.

Come prima conclusione di questa ricerca è emerso che i dati pubblicati online, inclusi i profili di Facebook e i siti di ricerca di persone, possono essere usati per influenzare i membri delle Forze Armate, nonostante siano professionisti addestrati alla riservatezza dei dati e al rigoroso rispetto degli ordini. I militari sono dunque un possibile bersaglio per operazioni criminali, truffe, ricatti ed estorisioni volti a sottrarre informazioni riservate. Gli esperti, alla luce di questo esperimento, mettono in allerta i vertici delle Forze Armate circa il problema sicurezza dei dati. Ma queste non sono le uniche considerazioni: in modo indiretto l’esperimento andava a verificare l’efficacia dei social network nel contrastare le pagine false e gli account fake. Delle tre pagine create da StratCom, nel tentativo di reclutare i militari “da cavia”, soltanto una è stata chiusa nel giro di poche ore, le altre due sono state chiuse solo dopo due settimane dalla segnalazione a Facebook. I profili fake creati dai ricercatori non sono mai stati sospesi e allo stesso modo non sono mai stati chiusi i gruppi Facebook. Trattandosi di un’operazione molto complessa, la piattaforma social ha dei grossi limiti e ancora una volta l’unica possibilità di intervento è la formazione del personale.

 
 
 

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