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L’evoluzione della comunicazione nelle F.F.A.A

  • Andrea Sturaro
  • 4 ott 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

La comunicazione è ormai saldamente riconosciuta tra i doveri dello Stato; è un mezzo strategico, non sussidiario per conseguire un bene pubblico. Deve essere realizzata con professionalità, senza improvvisazione.

(Carlo Azeglio Ciampi)


In riferimento alla legge n.150 del 7 giugno 2000, che disciplina le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni, la comunicazione pubblica della Difesa, diviene una vera e propria funzione. Le Forze Armate, con questa direttiva, intendono proporsi nel contesto comunicativo italiano con professionalità e sistematicità, garantendo ai cittadini un flusso informativo costante e interattivo. L’obbiettivo è rendere partecipi i cittadini delle decisioni, in materia di sicurezza nazionale, prese ai vertici dell’istituzione, secondo gli strumenti in dotazione alle Forze Armate e mettendo in evidenza gli elementi organizzativi e operativi che vi appartengono

La funzione della comunicazione, secondo il Ten. Col. Cervone (2008), è quella di suscitare protagonismo sociale e istituzionale, tenendo conto dei feedback provenienti dal pubblico, in modo da poter modificare i propri atteggiamenti in funzione del messaggio di ritorno (pag 1-2). La Difesa è un sistema che più di qualsiasi altro settore della Pubblica Amministrazione, necessita di una moderna politica comunicativa in grado di modificare l’atteggiamento autoreferenziale che ha coinvolto le F.A. fino agli inizi del XXI secolo, incitando la partecipazione e il consenso dei cittadini (Cervone, 2008). A causa della struttura piramidale e gerarchica propria dell’istituzione, la comunicazione interna ed esterna, era di carattere prevalentemente informativo, e penalizzava la partecipazione e la trasparenza tipici della moderna comunicazione istituzionale. La realtà attuale sta lanciando nuove sfide alle Pubbliche Amministrazioni, che devono necessariamente dotarsi di strategie comunicative moderne e più efficaci in linea con le tendenze della società.

In una Intervista al Capo ufficio Pubblica Informazione di SMD, Colonnello Riccardo Cristoni (2014) emerge che lo scenario comunicativo che si trova quotidianamente ad affrontare la Difesa è cambiato notevolmente negli ultimi anni. In passato, continua Cristoni, gli obbiettivi erano soltanto rafforzare l’immagine della Difesa e delle Forze Armate anche nel loro contesto operativo, prevenire le crisi mediatiche e informare la popolazione, al fine di creare un clima di accoglienza e consenso, oggi gli approcci sono differenti. Anzitutto lo Strumento militare assume compiti differenti, in contesti differenti rispetto al passato, l’arrivo dei new media ha stimolato un’innovazione nel campo della comunicazione digitale, e l’opinione pubblica, sempre più partecipe, è attenta a questo “rinnovamento” della comunicazione. La facilità con cui ci si scambia informazioni a livello digitale, in particolare attraverso il web, favorisce la frammentazione e la disorganizzazione della comunicazione. È necessario massimizzare “l’unicità” della comunicazione digitale della Difesa, imponendo una attenta azione di controllo, coordinamento e pianificazione dei vari reparti comunicativi, escludendo attività individuali prive di obbiettivi ben specifici e prive di professionalità. Il compito della Difesa è quello di stare al passo con queste nuove sfide del mondo dell’informazione, impegnandosi nella creazione di strutture dedicate, e nella formazione del personale. Già nel 2006, la dott.ssa Carla Selvastrel, in un suo articolo, sosteneva che le esigenze delle Forze Armate in termini di selezione sono notevolmente cambiate rispetto alla leva obbligatoria. La figura del militare, proprio per l’aspetto di volontarietà del servizio, tende sempre più ad identificarsi con quella del “professionista” (Selvastrel, 2006). La necessità per le Forze Armate, di operare con professionalità nel campo della comunicazione, pone due differenti soluzioni: preparare il personale con corsi di formazione specifici e altamente professionalizzanti o selezionare personale già qualificato. Nel primo caso si deve accettare il limite, che un corso di formazione è in grado fornire a livello di competenze; nel secondo caso, il neoassunto è molto lontano dal “mondo” militare, ed ha bisogno di tempo per conoscere a pieno le esigenze e le caratteristiche delle Forze Armate.

 
 
 

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