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La comunicazione delle Forze Armate: evoluzione, struttura e contenuti

  • Andrea Sturaro
  • 1 ott 2019
  • Tempo di lettura: 13 min

Studiare la comunicazione delle Forze Armate significa avventurarsi in una profonda analisi storica, sociale, culturale, che coinvolge contemporaneamente diverse discipline. La Difesa è un’istituzione centenaria che da sempre ha accompagnato la società nelle proprie scelte, nelle proprie regole e nelle proprie tradizioni, e che per molti aspetti si distingue e ha dovuto distinguersi dalle altre organizzazioni. Il mondo militare, alla luce dei cambiamenti geostrategici e tecnologici che hanno coinvolto l’intera società, ha dovuto affrontare un processo evolutivo adattandosi agli scenari imposti dal progresso e dalla globalizzazione.

Il mio studio si occupa di analizzare il quadro comunicativo delle Forze Armate sia dal punto di vista strategico sia da quello operativo. Il percorso di analisi prende in esame le origini della comunicazione delle Forze Armate, l’evoluzione storica, i mezzi di comunicazione utilizzati e il loro impatto sull’opinione pubblica.

Il primo capitolo affronta la distinzione tra il concetto di informazione e di comunicazione che spesso vengono scambiati o confusi. Se vogliamo trasferire un messaggio in modo efficace attraverso una strategia comunicativa precisa, è necessario conoscere a fondo questi due concetti. L’informazione si può definire come una comunicazione asimmetrica “a una via” e la responsabilità (del messaggio e della decodifica del messaggio) ricade univocamente nell’emittente. Per comunicazione invece si intende una comunicazione simmetrica “a due vie”, l’interazione è reciproca e la responsabilità è di entrambi gli interlocutori. Possiamo chiarire questi concetti con un esempio: se, attraverso un mezzo radiofonico, A (emittente) decide di comunicare a B (ricevente) il seguente messaggio: “come ogni anno, il primo weekend di luglio, vi aspettiamo al July Young Festival!!”, A si prende la responsabilità che B (in questo caso l’insieme degli ascoltatori) possa non conoscere la location dell’evento. Essendo il messaggio radiofonico unidirezionale non è possibile specificare agli ascoltatori dove avrà luogo l’evento, quindi la responsabilità di aver inviato un messaggio ambiguo ricade interamente in A. Nel caso in cui A avesse inviato il medesimo messaggio attraverso una piattaforma social, ad esempio Facebook, il tipo di comunicazione sarebbe stato “a due vie” perché i riceventi avrebbero avuto la possibilità di interagire con l’emittente attraverso i commenti o la chat. In questo ultimo caso la responsabilità della codifica/decodifica del messaggio è sia di A che di B, perché i riceventi che non conoscono la location dell’evento hanno in ogni caso la possibilità di relazionarsi con l’emittente.

Nel caso delle Forze Armate è interessante capire gli obbiettivi della comunicazione istituzionale, distinguendo se lo scopo è informare i cittadini in modo “autoritario” o se invece è instaurare una relazione con loro.

Questa differenza, tra informare e comunicare, si muove in parallelo all’evoluzione storica e politica della comunicazione pubblica. Nei regimi totalitari del ‘900 era imposta una comunicazione unilaterale (propaganda fascista), ma successivamente, con le leggi sulla comunicazione pubblica e con il diritto all’informazione, ha assunto una forma più aperta lasciando spazio all’ascolto. Questo fenomeno è uno dei primi ostacoli che ha dovuto affrontare il sistema di comunicazione delle Forze Armate, ovvero di modificare l’atteggiamento autoreferenziale che l’ha coinvolta fino agli inizi del XXI secolo per creare coinvolgimento e consenso fra i cittadini, condizione ormai necessaria nelle democrazie moderne.

La storia della comunicazione pubblica e le riforme nella pubblica amministrazione si sono sviluppate in contemporanea trovando stabilità con la legge del 7 giugno 2000 n° 150 che disciplina le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni. In questo modo ai cittadini viene garantito il “diritto di informazione”, e gli enti, comunicando liberamente, possono legittimare la propria attività.

In seguito analizzeremo il rapporto tra politica, guerra e Forze Armate. Il celebre assioma di Karl von Clausewitz “la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi” ha suscitato notevole interesse tra gli operatori militari, sia in Italia che all'estero. In questo caso il primo problema da affrontare è di tipo etico, cioè quando è giustificato l’uso della guerra; il secondo è la matrice di responsabilità, cioè se la gestione e l’esito del conflitto ricade nella politica o nello strumento militare; il terzo è un problema di comunicazione che deriva dalla connotazione negativa che appartiene al concetto di guerra e al profondo significato emotivo che essa comporta.

Partendo dal presupposto che la “guerra” è uno strumento della politica, e che le Forze Armate sono il mezzo attraverso cui è possibile fare la guerra, risulta quindi difficile giustificare l’uso dello strumento militare in tempi di pace. L’ammiraglio Mario Rino Me sottolinea, per giustificare l’utilizzo delle forze organizzate, che “al governo si associa ‘l’intelligenza personificata’, cui corrisponde il fine politico che deve mantenere una relazione di proporzionalità (calcolo) tra la finalità e attese di guadagno da una parte, e, dall’altra, lo sforzo militare. Probabilità e caso la rendono una attività creativa dello spirito dove giocano ‘talento, coraggio e carattere’. Il caso, o il fato all’antica maniera, può essere sorgente di buona o malasorte” (Me, 2013, p 47). In altre parole, nessuno dovrebbe iniziare una guerra se non ha preventivamente individuato gli obbiettivi, analizzato le modalità e le conseguenze della propria azione. Il fine rispecchia l’aspetto politico, le modalità e le conseguenze, l’aspetto militare. È un dettaglio che rappresenta l’interdipendenza tra guerra e politica, definendo la struttura gerarchica militare. Ai vertici il compito di considerare e analizzare i fini politici, alla base strutturare e gestire i dettagli operativi.

Nel capitolo 1.4 e 1.5 ho approfondito l’origine della comunicazione nelle Forze Armate soffermandomi in particolar modo sulla propaganda intesa come comunicazione persuasiva.

Le prime forme di comunicazione da parte dell’istituzione avvennero in seguito allo scoppio della Grande Guerra, inizialmente con l’obbiettivo di reclutare personale e in seguito per “manipolare” l’opinione pubblica al consenso. In quegli anni, gli strumenti utilizzati dalla Difesa per comunicare al popolo in modo massivo furono i volantini, le cartoline, i manifesti e locandine, i giornali di trincea, le fotografie, brevi cinematografie e gli opuscoli.

Sul tema della persuasione, ho voluto approfondire i diversi significati che assume nel corso della storia distinguendo da un modello “vecchio”, avente caratteristiche di unidirezionalità e manipolazione, e un modello “nuovo” che si avvicina molto all’idea di negoziazione. Nelle scienze sociali, proprio per l’associazione al fascismo, il termine “propaganda” assume una connotazione fortemente negativa, ma oggi sappiamo che esiste una definizione diversa che si riferisce ad un meccanismo bidirezionale-circolare.

Il secondo capitolo analizza l’evoluzione e la struttura della comunicazione nelle F.F.A.A. portando alla luce le esigenze comunicative della Difesa. Per fare ciò, ho studiato gli organi di comunicazione della Difesa che si sono istituiti nell’ultimo decennio, la Direttiva sulla Comunicazione Strategica e il Programma di Comunicazione della Difesa.

Le Forze Armate hanno la necessità di intervenire nel contesto comunicativo italiano con professionalità e sistematicità, garantendo ai cittadini un flusso informativo costante e interattivo. L’obbiettivo è rendere partecipi i cittadini delle decisioni, in materia di sicurezza nazionale, prese ai vertici dell’istituzione, secondo gli strumenti in dotazione alle Forze Armate e mettendo in evidenza gli elementi organizzativi e operativi che vi appartengono.

La Difesa è un sistema che più di qualsiasi altro settore della Pubblica Amministrazione necessita di una moderna politica comunicativa in grado di modificare l’atteggiamento autoreferenziale che ha coinvolto le F.A. fino agli inizi del XXI secolo. A causa della struttura piramidale e gerarchica propria dell’istituzione, la comunicazione interna ed esterna era di carattere prevalentemente informativo, e penalizzava la partecipazione e la trasparenza tipici della moderna comunicazione istituzionale. La realtà attuale sta lanciando nuove sfide alle Pubbliche Amministrazioni, che devono necessariamente dotarsi di strategie comunicative moderne e più efficaci in linea con le tendenze della società.

L’innovazione digitale e la sicurezza informatica sono le nuove sfide del mondo dell’informazione e la Difesa sta reagendo impegnandosi nella creazione di strutture dedicate e formazione del personale militare. Ai vertici, si trova l’organo di connessione tra polita e Forze Armate, il Gabinetto del Ministero, Ufficio Pubblica Informazione e Comunicazione, il quale risponde alle esigenze del Ministro della Difesa e dal suo delegato. Il compito principale è comunicare allo Stato Maggiore della Difesa (SMD), e al Segretariato Generale Difesa Direzione Nazionale Armamenti, le decisioni politiche in materia di Sicurezza nazionale, ed emanare direttive in termini di Comunicazione Pubblica. Si tratta di un livello Politico-Strategico, la responsabilità del quale è definire l’informazione e la comunicazione, indirizzando lo svolgimento delle attività. Lo Stato Maggiore della Difesa, che rappresenta il livello Operativo, si preoccupa di sviluppare le attività di Pubblica Informazione e Comunicazione, ed è formato a sua volta dall’Ufficio Pubblica Informazione (PI) e Ufficio Comunicazione, i quali coordinano gli URP (Ufficio Relazioni con il Pubblico) delle varie Direzioni Generali.

La prima direttiva ministeriale sulla politica militare è stata emanata dal Gabinetto del Ministero nel 2013 ed evidenzia la complessità del quadro politico, economico e geo-strategico in cui si trova coinvolta la Difesa. Lo scopo della Direttiva è fornire il Dicastero di una policy per la comunicazione finalizzata ad affermare un nuovo approccio alla comunicazione; strutturare e coordinare le attività di comunicazione secondo un unico disegno organico; ottimizzare le stesse, attraverso l’integrazione sinergica delle diverse componenti della comunicazione della Difesa, indirizando la comunicazione del Dicastero verso obbiettivi convergenti, chiaramente identificati e condivisi. Fra i temi trattati dalla Direttiva troviamo tre ambiti su cui operare:

1. Il primo punto è la revisione dello strumento militare, come mezzo in grado di garantire la Sicurezza nazionale, europea e dell’Alleanza Atlantica, attraverso un sistema di difesa sostenibile nel tempo e con alti livelli di professionalità.

2. Il secondo tema riguarda le Operazioni Militari, ossia far conoscere l’impegno militare italiani nel mondo, anche lontano dai confini nazionali. La professionalità dei nostri operatori e l’efficienza del sistema Difesa italiano producono effetti rilevanti sulla stabilità internazionale, promuovendo un’immagine positiva del Paese.

3. L’ultimo tema trattato dalla direttiva riguarda la Difesa Europea e la cooperazione internazionale. Si tratta dell’impegno a rafforzare le capacità europee militari e civili, integrando le varie istituzioni in una unico e solido sistema di difesa europeo.

Gestire alcune tematiche come la reputazione, l’immagine, la legittimazione, sono ormai una condizione necessaria per la una qualsiasi organizzazione, in particolare se parliamo di una istituzione come le Forze Armate che, nel contesto in cui operano, rappresentano inevitabilmente l’intera Nazione.

Il programma di Comunicazione (pdC), in questo contesto, rappresenta lo strumento di progettazione della comunicazione istituzionale del Ministero della Difesa. Il programma non è semplicemente una lista di iniziative di comunicazione ma è la risultante di un attento processo di analisi ed elaborazione preliminare, che si esprime in forma di comunicazione strategica. Si elabora secondo le tematiche e gli obbiettivi della comunicazione della Difesa discussi ai vertici militari e politici, nel rispetto degli interessi delle Forze Armate e in un’ottica di interforze, ottimizzando e coordinando al massimo gli sforzi e le risorse. Il PdC ha cadenza annuale e propone azioni concrete e coerenti verso il pubblico, attraverso messaggi che cooperano a definire il moderno strumento militare.

Con l’arrivo della tecnologia digitale e la conseguente pervasività dei mass media la Difesa ha dovuto adottare alcune misure di emergenza per prevenire e gestire le crisi mediatiche. Nel terzo capitolo affronteremo alcuni temi delicati come la strage di Ustica, la morte del paracadutista Scieri, le torture ai prigionieri in Somalia, e vedremo quali sono le politiche di intervento delle Forze Armate: dal Crisis Communication Plan alla salvaguardia del rapporto con l’opinione pubblica. Ci siamo chiesti, quali sono le caratteristiche di una crisi mediatica? Come avvengono e perché avvengono? Come hanno reagito le Forze Armate con la strage di Ustica, dove sono morti 77 passeggieri e 4 membri dell’equipaggio e la causa sembra essere un errore dell’Aeronautica Militare? Si tratta di trovare il giusto equilibrio tra segreto, per tutelare la sicurezza di un’operazione o per il segreto di Stato, e la comunicazione istituzionale pubblica. Per questo, tutti gli operatori delle F.A. devono fare attenzione a non lasciarsi andare a giudizi o commenti personali che possono andare ad influire negativamente sull’opinione pubblica, alimentare la crisi mediatica o intralciare la missione in corso. In merito a ciò, dai vertici della Difesa è stato proposto un modello di Crisis Communication Management con particolare riferimento alle Forze Armate. Vedremo come questo strumento sia indispensabile per un’istituzione di rilevanza internazionale, e quali sarebbero le conseguenze di una mal gestione della crisi.

Nel quarto capitolo affronteremo i mezzi di comunicazione della Difesa, toccando in particolar modo il tema dell’innovazione digitale che ha determinato la presenza attiva delle F.A. in diversi canali. La Difesa, infatti, accanto ai tradizionali canali di comunicazione ha scelto di potenziare, razionalizzare e ottimizzare l’uso degli strumenti di comunicazione digitale, entrando a pieno titolo nelle nuove piattaforme digitali. Si tratta di un sistema di comunicazione integrata che coinvolge fino a 12 canali di comunicazione.

Nella mia ricerca ho voluto analizzare le principali piattaforme social delle Forze Armate confrontando i contenuti presenti con gli obbiettivi di comunicazione prefissati dal PdC. Per far ciò, ho preso in considerazione i canali Facebook, Instagram e Twitter da inizio anno 2019 a fine marzo 2019 impegnandomi in un’analisi quantitativa. La procedura prevedeva di suddividere i temi di comunicazione presenti nelle varie piattaforme in macro categorie, ciascuna contenenti alcune parole chiave utilizzate nel processo di categorizzazione (dual use, missioni internazionali, cybersecurity, NATO …), e di verificare infine la coerenza di contenuti rispetto al PdC.

Dai risultati di questa analisi è emerso che sulle piattaforme social si parla maggiormente di cooperazione internazionale, “dual use” delle Forze Armate e “Cultura della Difesa”. Come possiamo giustificare una comunicazione così “materiale” e orientata verso temi che si discostano dall’immagine tradizionale delle Forze Armate? Il ruolo della Difesa è cambiato, così com’è cambiato il concetto di guerra ed il contesto geostrategico mondiale. Oggi lo strumento militare è visto come massimo esempio di valore civile e orgoglio nazionale, proprio per il suo carattere di umiltà e solidarietà (“dual use”).

Un altro fenomeno che accompagna il mondo “digital” sono le comunicazioni “non ufficiali” che inevitabilmente trovano spazio nella libertà di espressione del mondo informatico/digitale. Nasce così l’esigenza di imporre alcune misure restrittive per limitare il crescente rischio di divulgazione di informazioni riservate o non appropriate. La facilità con cui possono essere condivise le informazioni nel Web e l’indiscriminato accesso alle informazioni rendono le notizie estremamente sensibili, lasciando la facoltà di diffusione di contenuti ad un numero limitato di persone opportunamente formate.

Nel mio studio ho approfondito i profili “non ufficiali” sulle piattaforme social che, attraverso un uso ingenuo, possono essere lesivi al prestigio o ala reputazione del corpo di appartenenza. A questo proposito, l’unica soluzione in grado di garantire la libertà di espressione e limitare la diffusione di notizie sensibili è la formazione del personale militare ad un uso consapevole dei social network, progetto che da diversi anni coinvolge tutto il sistema Difesa.

Le campagne di comunicazione si sviluppano anche in contesti non digitali; vedremo infatti il fenomeno della brandizzazione delle Forze Armate che, oltre ai già affermati brand della marina militare e aeronautica militare, lancia il nuovo marchio “Esercito 1659”.

La marca è un modo di comunicare ed è ormai una necessità per distinguersi dal sovraccarico di infomazioni. La brandizzazione di un’istituzione rende possibile riassumere nel brand un sistema di identità, di valori, di percezioni. La marca diventa quindi uno stratagemma per veicolare caratteristiche funzionali ed emotive, le quali sono in grado di rievocare rapidamente informazioni. La creazione del marchio deve essere studiata in modo appropriato, contenere codici visuali, verbali e testuali affini all’istituzione in modo da definire la cosidetta “Brand Identity”. L’identità delle Forze Armate, a questo proposito, si fonda su alcuni principi e valori consolidati nella storia militare, tra cui la solidarietà, l’umanità, l’orgoglio di appartenenza, lo spirito di servizio, la fedeltà, la sicurezza, la difesa: tutti concetti che devono passare alla mente del consumatore quando utilizza un brand delle Forze Armate. In questo senso la marca riassume un valoroso passato fatto di 150 anni di storia. L’utilizzo della marca è parte essenziale della comunicazione integrata delle F.A. che, oltre ad essere una opportunità di guadagno, facilità la diffusione e la comprensione dell’identità istituzionale, incrementando indirettamente lo spirito di condivisione.

Fra i mezzi di comunicazione delle Forze Armate il calendario ufficiale dell’Arma dei Carabinieri rappresenta una preziosa fonte di analisi in termini di retorica pubblicitaria, grazie al periodo storico di pubblicazione che va dal 1929 ad oggi. La domanda che mi sono posto è se sta cambiando la forma della comunicazione e, in caso affermativo, verso quale direzione. In particolare, la retorica dell’Arma tende ad essere ideale, emozionale, sentimentale oppure sta diventando progressivamente più materiale, tecnica, professionale?

Per fare questo lavoro ho raccolto l’insieme dei Calendari dell’Arma dal 1929 al 2019 presenti nell’archivio storico del sito web ufficiale dei Carabinieri[1]; in particolare ho analizzato l’immagine di copertina e la presentazione testuale della stessa (quando era presente).

Analizzeremo poi l’opinione pubblica, definita dal New York Times la seconda superpotenza mondiale. Le strategie di comunicazione, infatti, sono fortemente condizionate dall’opinione pubblica che deve mantenersi positiva in materia di Difesa.

È da tenere in considerazione, però, che il peso effettivo dell’opinione pubblica nel processo decisionale è ponderato in base ai rapporti di forza tra le forze politiche e il contesto istituzionale. Nei temi di politica estera, infatti, i cittadini sono meno interessati, in quanto non hanno un riscontro diretto sulla vita quotidiana; ciò comporta una minore propensione a promuovere opinioni in proposito e una minore competenza nell’esprimere opinioni valide. Ne deriva che, in temi di politica estera, la democrazia del processo decisionale risulta inefficiente, le opinioni espresse dal pubblico sarebbero estremamente volatili e fortemente emotive e non frutto di una valutazione razionale o quantomeno ragionevole. Se ne evince che è la Difesa, attraverso un piano di comunicazione adeguato, che deve influenzare l’opinione pubblica e ottenere il consenso, e non viceversa.

In fine, in una analisi a confronto sulla base dei materiali che trovato in Rete, ho potuto verificare che il rapporto tra Forze Armate e opinione pubblica è senza dubbio positivo per la maggior parte della popolazione italiana, e si mantiene tale dai primi anni ’90. In generale la maggioranza ritiene abbiano un ruolo importante per il Paese, per salvaguardare la sicurezza interna, per gli aiuti umanitari nazionali e internazionali e per mantenere un’immagine affidabile nel mondo.

Nel capitolo 5 affronteremo il tema della riforma delle Forze Armate. I compiti assegnati alla Difesa discendono inevitabilmente dalla costituzione. Fra questi:

- Difesa dello Stato e la salvaguardia delle libere istituzioni da ogni possibile minaccia.

- Difesa degli spazi euro-atlantici ed euro-mediterranei secondo gli accordi dell’Alleanza atlantica

- Contribuire a livello internazionale (NATO) nella realizzazione della pace e della sicurezza.

- Concorso alla salvaguardia delle libere istituzioni e nello svolgimento di compiti specifici in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità ed urgenza

Accanto a queste funzioni si associa un compito emergente: la difesa informatica. L’insieme dei mutamenti che nell'ultimo decennio hanno coinvolto la politica internazionale e la tecnologia ci hanno portato a dover coniare un nuovo termine in grado di integrare il concetto di guerra tradizionale e il mondo informatico: la cyberwar. Affronteremo questo tema parlando di innovazione digitale e penetrazione informatica come attuale concezione di guerra. Al giorno d’oggi, la disponibilità di tecnologie avanzate è quindi un parametro di riferimento per definire le capacità operative delle Forze Armate; tanto più è l’asimmetria con il paese avversario, tanto più il paese tecnologicamente avanzato avrà le potenzialità di dominio.

Chiaramente il ruolo dell’istituzione è cambiato notevolmente rispetto al passato e l’opinione pubblica, nonostante abbia una maggioranza favorevole e positiva nei confronti delle F.A, possiede una percentuale di persone diffidente dei nuovi compiti assegnati allo strumento militare. Ciò che viene maggiormente criticato sono le spese per gli armamenti da un lato e per contro la progressiva “smilitarizzazione” della Difesa. Da un lato si sostiene che le Forze Armate dovrebbero rimanere tali, cioè forze “armate”, in grado di difendere la Nazione attraverso le competenze tradizionali del mondo militare; dall’altro c’è chi sostiene che il nuovo ruolo delle F.A. non prevede grandi investimenti economici per gli armamenti, per cui il bilancio sulle spese militari non è giustificato. Nella mia ricerca vedremo infatti che un ruolo cruciale per la difesa del Paese è riversato sulla politica internazionale, la quale richiede ingenti somme di denaro sia per un fattore reputazionale e di immagine, sia come condizione necessaria per la stipula di accordi.

[1] http://www.carabinieri.it/editoria/calendario-storico/il-calendario

 
 
 

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